martedì 11 dicembre 2007

AL DIO DELLE ARAGOSTE.......

AL DIO DELLE ARAGOSTE, DELLE FOGLIE, DELLE FORNACI E DELLE IMPALCATURE Parlo a Dio. Al Dio che ci ha dato il compito di lavorare per continuare la sua opera di creatore. Al Dio che chiede meraviglie e non solo sette. Al Dio che ci ha dato mani ed idee per costruirle e che butta giù le torri di babele e tutte le torri che ci costruiamo in testa e nel cuore per sentirci dei. Al Dio che parla alle balene mentre il ferro le sventra Che parla al fiore reciso, che parla allo schiavo che si crede libero che parla al bambino prima dello schiaffo. Al Dio che inventa farfalle, al Dio che le mette a volare. Al Dio sestante, che dà la rotta alle rondini e le lascia ritornare, al Dio di Maria e di Maddalena, Parlo al Dio di Mathausen e al Dio di Tien an men, stesso il silenzio e stessa la pietà. Parlo al Dio che emigra e si fa battello alle speranze Parlo al Dio che nuota a notte alle nostre rive e a volte annega Parlo al Dio che rialza il povero Parlo al Dio che nasce di contrabbando Parlo al Dio che non parla e si fa sentire, che tace il bene e te lo fa scoprire nel rovo che ti strappa la carne. Parlo al Dio che sta al capezzale. Parlo al Dio che quando trema scuote la terra e crolla città e la sua onda lunga spiana le spiagge. Parlo al Dio che cancella e rifà. Parlo al Dio dei sans papier, che venne senza carta d’identità, ma con la tua fotografia. Parlo al Dio delle piante attorcigliate magre alle città Al Dio che prende al volo la foglia gialla e l’accompagna piano al suolo nell’ultimo viaggio, l’unico che sa di libertà. Parlo al Dio dei senza picciòlo. Infine parlo al Dio delle aragoste, gettate ancora vive a spellarsi nel fuoco del progresso e nell’acqua bollente della precarietà. Parlo al Dio degli operai e degli sfruttati, al Dio dei metallurgici, che come le aragoste muoiono, al Dio dei muratori, che volano come foglie secche dalle impalcature, al Dio che ama il lavoro come fosse preghiera e non ricatto al Dio che odia la frusta del padrone e odia il padrone che la chiama progresso. Dio delle aragoste e delle balene, Dio delle farfalle di un giorno, Dio delle falene. Dio che si brucia, Dio degli spellati vivi, Dio che non sei di Cesare, Dio che non compra e non si fa pagare, Dio che risarcisci, Abbi pietà di coloro che mandiamo a sbollentare, abbi pietà di chi muore del ferro e della ustione, di chi cade dagli arcobaleni. Fa’ che non abbiano sentito dolore, che l’abbraccio sia stato dolce. Abbi pietà di chi si spella le mani ad applaudire il progresso, questo progresso. Abbi pietà di chi muore spellato e di chi vuole salvarsi la pelle lavorando. Abbi allora pietà di noi. Ferma il tempo e la creazione, ferma la tecnica e il mercato, ferma il denaro e i suoi padroni spellati solo dalle loro soddisfatte abbronzature. Spegni il sole, ricominciamo da un santo nulla, ricreiamo vite che siano gratis. E così sia.

lunedì 10 dicembre 2007

Recapito: Abuso utilizzo straordinario. Il vigente CCNL all’art 33 comma 2 recita testualmente : “Il ricorso al lavoro straordinario deve avere carattere eccezionale e trovare obiettiva giustificazione in necessità imprescindibili, indifferibili e di durata temporanea.” Il successivo comma III prevede dei limiti massimi: 250 ore annue comprendenti , nel caso degli addetti al recapito universale e dedicato, anche le ore di prestazioni flessibili ( abbinamento) effettuate. E sono moltissimi i casi, che siamo pronti a documentare, di portalettere che hanno già effettuato oltre 500 ore di straordinario e che da cinque o sei mesi , giornalmente, superano i limiti contrattualmente previsti della normale prestazione lavorativa. Utilizzare lo strumento dello straordinario per sopperire a carenze d’organico o ad oggettive difficoltà di una riorganizzazione del recapito, sta dimostrando nei fatti l’irrealizzabilità di un progetto incompatibile con adeguati standard di qualità del servizio offerti alla clientela, è fuori da ogni logica aziendale e normativa. Molti responsabili di CPD, “invitano” il personale portalettere a svolgere lavoro straordinario fino allo smaltimento della posta giacente. Non viene pertanto chiaramente indicato lo spazio temporale della prestazione aggiuntiva ( sic!!!) né la quantificazione dell’ammontare dello straordinario in rapporto ai quantitativi di posta giacente. Abbiamo la netta impressione che, in Azienda, pur di cercare di mettere delle pezze alla figuraccia con la clientela, si stiano letteralmente gettando al vento somme rilevanti che comunque non risolvono il problema. Smaltita questa giacenza ( se si riuscirà….) bisognerà pensare a come smaltire quella che andrà formandosi: quindi straordinario su straordinario. E quanto costerà all’Azienda, recapitare una stampa per la quale, magari, il mittente ha speso pochi centesimi di euro? Il problema è sempre lo stesso, inutile continuare a nascondersi dietro un dito, è impossibile , nei fatti, garantire il normale servizio di recapito della corrispondenza. Se prima potevano esserci dei dubbi, ora è una drammatica realtà che ci sta facendo perdere tutta la credibilità di azienda efficiente e moderna che,con grandi fatiche, avevamo acquisito nel corso degli anni. Continuare a pressare con richieste di straordinario sine-die una categoria, quella dei portalettere, già sotto stress, ha come inevitabile conseguenza la crescita esponenziale delle richieste di visita medica per l’accertamento dell’ inidoneità ai servizi esterni o delle assenze per malattia. Firmato: Alcuni postini e postine incazzati Visita il nostro blog: http://lepostedevonocambiare.blogspot.com

sabato 8 dicembre 2007

C'era una volta il recapito!!!!

Ovunque macerie e disperazione come se fosse passato uno tsunami. Responsabili di Bacino che, allo stesso modo del primo ufficiale del Titanic, cercano disperatamente di far funzionare il servizio mentre tutto sta affondando e l’ orchestrina suona; addetti MQ e capisquadra recapito alle prese con tonnellate e tonnellate di giacenza; portalettere sull’orlo di una crisi di nervi che non sanno più neanche su quale zona di recapito sono applicati; viaggetti che viaggiano davvero poco e a rilento.
A pagare maggiormente lo scotto della riorganizzazione, sono naturalmente i lavoratori ed i clienti che non si vedono recapitare a casa la posta. I più fortunati e privilegiati, trovano nella buca delle lettere prioritari e telegrammi di settimane prima. Bollette di luce, telefono, acqua e spazzatura, migliaia e migliaia di atti giudiziari giacenti con il rischio di contenziosi e di richieste di risarcimento danni per procedimenti penali e civili che dovessero saltare a seguito di una mancata o ritardata notifica. Per non parlare dei problemi connessi alla sicurezza. Locali assolutamente inadeguati dove i portalettere ed il personale del recapito dedicato sono costretti a lavorare pigiati come delle sardine, tra cassette stracolme di posta, carrelli di ogni genere e persino muletti che fanno bella mostra al centro della sala come delle bomboniere di maiolica. E poi urla, scene di disperazione, litigi continui in una sorta di guerra tra i poveri che non giova a nessuno. Un vero e proprio girone dell’inferno dantesco. Ecco il risultato della riorganizzazione del recapito. Alla faccia delle tanto sbandierate promesse di modernità ed efficienza. Ci chiediamo: è questo il modo di prepararsi per affrontare la completa liberalizzazione del mercato postale? Questo il modo di aggredire il mercato? L’efficienza di Poste S.p.A., viene infatti percepita dalla clientela dalla puntualità nella consegna della corrispondenza. Non certamente da Poste Mobile o dalle collocazioni obbligazionarie. E voi, cari specialisti della riorganizzazione, come credete che oggi, un cliente cui Enel e Telecom tagliano le forniture per il mancato pagamento di bollette mai pervenute, vedano la nostra Azienda? Noi siamo seriamente preoccupati per la tenuta dei livelli occupazionali. Non per voi, dirigenti aziendali, che certamente troverete nuove e altrettanto redditizie occupazioni, ma per i tanti uomini e le tante donne che da anni lavorano nel settore recapito per mille euro al mese e che rischiano di finire a vendere accendini ai semafori delle strade. La Costituzione Italiana prevede una serie di diritti inalienabili e tra questi c’è il servizio postale. Ci preoccupa che, di fronte ad una palese violazione di elementari diritti di cittadinanza, il Governo continui a latitare e a non prendere posizione. C’è un’azienda che arretra pericolosamente sul fronte del Servizio Universale, ci sono 80.000 posti di lavoro a rischio, ma Prodi, Gentiloni e company si occupano d’altro. Maggiore attenzione, a tutti i livelli, viene posta quando qualche banca, anche marginale nel contesto economico, rischia di chiudere qualche sportello a seguito del gioco di annessioni e acquisizioni. Ma Poste S.p.A non è la più grande Azienda Pubblica del paese? Stante l’attuale passività, il Governo nazionale abbia almeno il coraggio di ammettere pubblicamente, assumendosene la responsabilità politica, che nel nostro paese la posta verrà consegnata solo nelle zone più ricche. Ma forse ci sono alcuni poteri forti che hanno deciso di distruggere il servizio postale pubblico sull’altare degli interessi di lobbies e gruppi economici importanti. Ai dirigenti di questa azienda ed ai sindacalai di professione che hanno sottoscritto questa riorganizzazione che il servizio postale stia andando a ramengo e le centinaia di proteste di normali cittadini, dei comuni e di interi territori lo dimostrano non gliene importa un tubo, sono interessati al business, a quello vero, e sono pronti a sbaraccare alla prima occasione. C’è da pensare che dietro tutto ciò c’è la volontà di non far funzionare il servizio del recapito, per giustificarne poi la vendita e il definitivo smantellamento. Firmato: alcuni postini e postine incazzati.